Il terrorismo di stato e l'11 settembre (1973 & 2003)
di Roger Burbach

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La mattina dell'11 settembre, notai un aereo volarmi sopra la testa. Qualche minuto più tardi sentii il suono di un'esplosione e vidi il cielo coperto da una sfera di fumo. Morirono in centinaia a seguito di quell'attacco, inclusi due miei amici.

Non sto scrivendo dell'11 settembre 2001. Non sto scrivendo di New York City. Quel giorno ero a centinaia di chilometri lontano da Berkeley, in California. Sto scrivendo di un altro 11 settembre, ugualmente orribile: era il 1973 e vivevo a Santiago del Cile. Quel giorno vidi aeroplani volarmi sopra la testa. Erano aerei da guerra ed il loro obiettivo era il Palazzo Presidenziale.
Strano a dirsi, ma questi due 11 Settembre sono connessi in vari modi, ed entrambe le date aiutano a comprendere perché George W. Bush ha condotto gli Stati Uniti d'America nel pantano iracheno. L'11 settembre 1973 Salvador Allende si trovava nel Palacio de La Moneda. Era il primo leader socialista nel mondo ad essere liberamente eletto, e sin dalla sua vittoria nel settembre del 1970, la CIA e l'amministrazione USA guidata da Richard Nixon ed Henry Kissinger - colui che ebbe a presiedere il Consiglio di Sicurezza Nazionale, erano determinate a liquidare Allende e la sua coalizione (Unità Popolare).

Era l'11 settembre 1973 quando, alla fine, vi riuscirono. Guidato dal generale Augusto Pinochet, l'esercito cileno rovesciò Allende, che perse la vita nel Palazzo Presidenziale. Oltre tremila persone morirono nella sanguinaria repressione che seguì immediatamente dopo, compresi due miei grandi amici, Charles Horman e Frank Terrugi.

Prima dell'attacco al Pentagono l'11 settembre 2001, il più impressionante atto terroristico guidato dall'esterno fu portato avanti da squadre fasciste inviate dal regime di Pinochet. Era il 21 settembre del 1976 quanto agenti della polizia segreta cilena, la DINA, fecero esplodere un'autobomba a pochi passi dalla Casa Bianca, uccidendo la guida del movimento d'opposizione a Pinochet, Orlando Letelier, ed il suo assistente Ronni Moffitt.
Letelier, con il quale ebbi modo di parlare all'Institute for Policy Studies prima della sua morte, era un uomo profondamente devoto alla Democrazia, forse la figura più solidale che abbia mai servito il governo di Allende ai massimi livelli. Queste esecuzioni erano strettamente collegate con il primo gruppo terroristico internazionale del "blocco occidentale", noto come Operazione Condor. Avviata nel 1974 su suggerimento della polizia segreta cilena, l'Operazione Condor fu un sinistro complotto che interessò direttamente i servizi d'intelligence di almeno sei paesi sudamericani che collaborarono nell'identificazione, rapimento ed assassinio d'oppositori politici. Sulla base di documenti divulgati sotto il Chile Declassification Project voluto dall'amministrazione Clinton, è oggi riconosciuto che la CIA era al corrente di tali attività terroristiche internazionali e potrebbe esserne stata perfino complice. Dopo gli omicidi di Letelier e Moffitt a Washington, la CIA sembrò concludere che l'Operazione Condor era una rozza operazione della quale si sarebbero potute contenere le attività. Ad ogni buon conto, le operazioni di squadra dei gruppi militari e d'intelligence del Cono del Sud proseguirono in tutta l'America Latina almeno fino ai primi anni '80. Unità militari cilene ed argentine supportarono il dittatore Anastasio Somoza in Nicaragua, e dettero aiuto nella formazione degli "squadroni della morte" nello stato di El Salvador. Le unità argentine supportarono e supervisionarono anche gli squadroni della morte in Honduras, operativi nei primi anni '80 con la diretta assistenza e collaborazione della CIA.

Le similitudini abbondano circa l'emergere di coalizioni terroristiche in America Latina e gli eventi che hanno portato alla crescita di al Qaeda. Osama bin Laden fu per la prima volta coinvolto in attività di militanza islamica in Afghanistan, negli anni '80, al fianco dei Mujahideen e contro il regime sostenuto dall'Unione Sovietica che aveva preso il controllo del paese. Secondo il Fact Book della CIA (2000), i Mujahideen erano "riforniti ed addestrati dagli Stati Uniti d'America, dall'Arabia Saudita, dal Pakistan, e da altri paesi". Già in quegli anni era largamente riconosciuto che molti di quei combattenti contro l'Unione Sovietica, nonché i membri del governo afghano, erano fanatici religiosi ingestibili dal loro primo finanziatore (gli Stati Uniti d'America, appunto) ed estranei a supposti "valori occidentali" quali democrazia, tolleranza religiosa ed uguaglianza di genere.

Nella metà degli anni '80, quando la CIA appoggiò i combattenti Mujahideen in Afghanistan, Ronald Reagan paragonò questi ai "Padri Fondatori". Ugualmente, definì "guerrieri per la libertà" le centinaia di soldati della Guardia Nazionale di Somoza mandate a combattere contro il governo sandinista in Nicaragua. E quando i sandinisti andarono alla Corte Internazionale di Giustizia per richiedere sanzioni contro gli Stati Uniti d'America, colpevoli d'aver inviato squadre operative speciali per bombardare l'impianto portuale di Corinto, l'amministrazione Reagan si ritirò dalla Corte, così rifiutando di riconoscere il ruolo della legge transnazionale.

In seguito agli attacchi al World Trade Center ed al Pentagono, uomini del governo e "sapienti" reazionari tentarono di riscrivere completamente questa sordida storia. Invece di riconoscere che nel passato alcune operazioni della CIA erano andate per il verso sbagliato, insistettero sul fatto che il gruppo terroristico internazionale di Bin Laden prosperò perché la collaborazione statunitense con i terroristi fu inibita o limitata prematuramente. Henry Kissinger, in Germania il giorno dell'attacco al WTC, riferì in TV che il controllo imposto sulle operazioni di intelligence USA aveva facilitato la crescita del terrorismo internazionale. Alludeva alla Commissione del Senato per gli Affari Esteri, presieduta nel 1975 dal senatore Frank Church, la quale aveva fortemente criticato le operazioni segrete approvate da Kissinger quando questi era ai vertici del Consiglio di Sicurezza Nazionale. Ciò portò alle prime restrizioni legali nei confronti della CIA, inclusa la proibizione di assassinii di leader stranieri per mano statunitense.

Altri Repubblicani, come George Bush padre - a capo della CIA quando questa lavorò al fianco di numerosi gruppi terroristici, puntò il dito sull'amministrazione Clinton per aver indebolito le operazioni d'intelligence fuori dagli Stati Uniti. Il riferimento è soprattutto ad un ordine presidenziale del 1995, che proibì alla CIA il finanziamento ed il collegamento operativo con gruppi stranieri implicati in episodi di tortura ed esecuzioni sommarie.

Oggi, due anni dopo vediamo le conseguenze del rifiuto da parte dell'amministrazione di George W. Bush d'imparare la lezione della Storia. Invece di porre fine alla violazione dei confini e dei diritti di sovranità di altri paesi, gli Stati Uniti hanno diffuso nel mondo guerra e carneficine, violando fondamentali libertà civili e diritti umani all'estero ed in terra propria.

Come molti sostenitori di un mondo basato sul diritto piuttosto che sulla violenza, il giudice Baltasar Garzón - che nel 1998 emanò il mandato d'arresto nei confronti di Pinochet, in quell'anno a Londra - nei giorni dell'invasione statunitense dell'Afghanistan sosteneva: "Pace e Libertà durature possono essere raggiunte solo con legalità, giustizia, rispetto della diversità, difesa dei diritti umani ed equilibrate e giuste risposte". Il fallimento degli Stati Uniti nel portare stabilità sia in Afghanistan che in Iraq, insieme con l'intensificarsi di attività terroristiche, dimostrano la fallacia della guerra contro il terrore.

Nel pieno di questa guerra, giudici, avvocati ed attivisti dei diritti umani rimangono determinati nel vedere, un giorno, la realizzazione di una Giustizia davvero internazionale. Usando il principio della "giurisdizione universale" adottato dal giudice Garzón nella caccia a Pinochet, diciannove cittadini iracheni hanno denunciato presso una Corte belga Tommy Franks, il comandante in capo dell'invasione statunitense. La loro accusa si riferisce al fatto che le truppe in suo comando rimasero immobili mentre gli ospedali di Baghdad venivano presi d'assalto e saccheggiati; oltre a questo, altri soldati fecero fuoco su ambulanze che stavano portando civili feriti. L'amministrazione Bush reagì con rabbia, minacciando il governo belga di "conseguenze diplomatiche" qualora avesse permesso il proseguimento del caso.

Così, quando il Segretario della Difesa Donald Rumsfeld ebbe a partecipare ad un incontro nel quartier generale della NATO a Bruxelles nel giugno del 2003, minacciò d'interrompere i finanziamenti statunitensi e di spostare il quartier generale in un altro paese qualora il governo belga non fosse intervenuto. Prostrato dinnanzi a questa richiesta, il Parlamento modificò le leggi dello Stato sulla giurisdizione universale. Nonostante ciò, indagini ed accuse contro gli invasori statunitensi in Iraq sfonderanno le porte di altri Paesi e Tribunali per la violazione dei più elementari diritti umani e per tutte le menzogne sulla guerra.

La lotta è iniziata. I prossimi anni saranno dominati dalla grande divisione emersa dai due 11 settembre, quello del 1973 e quello del 2001. Da una parte sta l'unilateralismo arrogante della cricca che sostiene il terrorismo di Stato e la violazione dei diritti umani, rifiutando i trattati internazionali. Dall'altra quel movimento globale determinato a raggiungere gli spazi di una larga concezione dei diritti umani e della dignità dell'uomo, per mezzo della legge e della limitazione dei poteri di Polizia. Questa è fondamentalmente una lotta globale, indipendentemente dal fatto che la potenza economica e gli interessi politici di un mondo guidato dai leader reazionari statunitensi possa creare uno status quo fondato sul terrorismo di Stato, o che una prospettiva globalista conduca "dal basso" ad un più pregno concetto d'uguaglianza.



Ringraziamenti speciali vanno ad Hank Frundt e Jim Tarbell per il supporto nella stesura di questo saggio.